Di fronte al mistero della vita e della morte, l'assertore della Libertà innanzitutto è come un pilota che disconosce gli estremi del circuito. Del bolide sa dirvi ogni cosa ma non chiedetegli dove davvero cominci la pista e né dove finisca. Non lo sa, non può saperlo. Mani serrate sul volante, egli pretende che il rallentare, lo svoltare, il sorpassare, lo scendere o il sostare, restino di sua esclusiva competenza. E per questo recrimina. Ce l’ha con tutto ciò che si oppone al suo incondizionato volere. A cominciare dalla religione, rea, a suo dire, di ridurgli il campo d’azione, condizionandogli le scelte. Strattonando e sbofonchiando, si libera così del bimillenario fardello. Che, se appartenente alla tradizione di famiglia, semplicemente dismette come abito che ha fatto il suo tempo. Se non dona ai poveri o non getta come straccio l'orpello, lo ripone nella stanza degli avi e, nel promuoverlo a cimelio, lo consegna alla polvere e agli acari. Ciò fatto, si abbandona ad un plateale sospiro di sollievo col dire: - Libero! Finalmente libero! -. La sera però, allorché si corica, è assalito da dubbio mortale: muta al suo cuore e vuota alla sua mente, l’ idolatrata Libertà, non sarà invece un idolo?
Matrigna dagli occhi di ghiaccio, del tutto incapace di diradare le sue nebbie esistenziali, di ciò che avrebbe dovuto da subito disfarsene, non sa ora che farsene.
Leone Pantaleoni
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